the big scary unknown.

i'm letting you off the hook.

mi riabituo alla geografia dimenticata della verità.

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non scrivo più. non scrivo più perchè mi sento risucchiare via il tempo per qualsiasi cosa, sento il tempo attorcigliarsi dentro la mia pancia e poi balzare fuori ingoiato in una voragine scura. non scrivo più perchè la sola cosa che sono in grado di fare è prendere tutte le sensazioni che provo, farne un bel mazzo e mescolarle, sai, come si fa con le carte, e continuo a mescolare perchè poi a rimettere in ordine tutto non ci riesco. non ci riesco – il ritornello di tutta la mia vita, la dimostrazione di quanta fiducia ho in me.

la maggior parte delle mie giornate trascorre nel disgusto, un disgusto cieco che non ammette giustificazioni, un disgusto inutile e consapevole di esserlo, e non faccio altro che pensare che le persone non mi piacciono, e non mi piacciono perchè non sono consapevoli di nulla, ed è ridicolo tutto ciò perchè mi sento per la prima volta in vita mia estremamente presuntuosa. forse dovrei accettare gli altri ma non riesco, e non riesco per la loro sensibilità così superficiale, non riesco per tutto questo loro incessante apparire, non riesco per il loro continuo bisogno di esibire, mostrare, e non riesco perchè quello che faccio continuamente è sputare sui loro stupidi amori adolescenti, sputare sulle loro stupide illusioni e sputare su quello che credono di aver capito della vita. io non avrò capito un cazzo, ma almeno lo so.

ho la tremenda presunzione di allontanarmi da loro, attimo dopo attimo, ad una velocità vertiginosa, e ho la presunzione di credere che loro non mi raggiungeranno mai e forse in un certo senso è meglio per loro – la stupidità paga – è che io non mi ricordo nemmeno più come si faccia ad avere un’amica. penso che dovrei abbassare il livello delle mie aspettative, lasciar fluire parole liberamente aspettando che entrino nelle orecchie di qualcuno, aspettare che qualcuno salga sul mio treno invece di farlo partire senza preavviso.

lui è poi il mio amore. il contenuto di ogni cosa, la sostanza.

mi sento traboccante di eccessi. sono una valanga, un’inondazione di emozioni che si ribellano, un eterno vagabondare ansioso e affannato, una sferzata di vento gelido dal quale è naturale proteggersi. forse lui è la sola persona che sotto questo vento si spoglia.

a volte penso che vorrei smettere di parlare. così, molto semplicemente, non aprire bocca, non emettere suono, non proferir parola. vorrei che alcune mie giornate potessero trascorrere così. uscire la mattina senza dover pensare di rispondere alla gente e salutare e sorridere nel rispetto di tutte le convenzioni sociali che ci incatenano. vorrei uscire di casa una mattina senza dover parlare. quante parole superflue nelle giornate, quanti discorsi inutili e tutto quel vociare informe, soltanto per riempire un vuoto e un silenzio che spaventano. e io invece per una giornata, una sola giornata, vorrei tacere.
‘ciao, che palle stamattina non ho voglia di andare a scuola’
la strada sotto i miei piedi sempre la stessa da anni sempre gli stessi passi sempre sempre gli stessi solchi lasciati dalle nostre pesanti presenze
‘oh ma hai studiato tedesco?’
l’aria stamattina è particolarmente fredda, a volte penso che non le posso gestire queste cose intendo il freddo nelle ossa e le prospettive di giornate identiche che si susseguono tutte davanti a me a volte penso
i miei passi pesanti la mattina
‘spero davvero che non interroghi, l’altra volta aveva detto di no’
sai una cosa tesoro mio non me ne frega un cazzo di cosa farà tanto voi siete sempre i soliti codardi e parlate parlate e non date un senso a nulla e vi credete vi credete e questa è la cosa peggiore
sempre le stesse vetrine, anni e anni di cambi di stagione e le stesse vetrine con gli stessi manichini che mi sfilano di fianco ogni mattina ormai ho smesso anche di guardarli, una volta osservavo, adesso passo accanto ad ogni cosa con l’indifferenza dell’abitudine, e questo è straziante
io lo trovo straziante
e le lezioni dei professori ogni mattina e almeno lì però puoi stare zitto, e poi
‘cazzo che palle di giornata oggi, devo anche studiare’
certo che devi studiare tesoro mio altrimenti vai a lavorare e non mi rompi i coglioni
le banalità le banalità sguazzano nella banalità dalla mattina alla sera e si credono così speciali – speciali con quale diritto poi chi lo sa e io
vorrei soltanto tacere
tutto il giorno, con tutti
e poi la sera finalmente andare da lui abbracciarlo coricarmi a letto e dire tutto ciò che ho trasformato in silenzio durante il giorno e parlare solo in questo momento perchè non c’è altro momento che valga quanto questo, non c’è altro momento che valga la pena di essere detto, di essere spiegato, di essere raccontato.
e finalmente non tacere più niente.

Written by straining

novembre 11, 2009 at 1:31 am

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